L'omaggio ad un pedagogista che ha fatto tanto per l'infanzia...
Il 2 marzo 2014 è morto Mario Lodi, maestro elementare, pedagogista e scrittore. Aveva 92 anni, parte dei quali vissuti a Drizzona, in provincia di Cremona, come insegnante. Il suo è stato un impegno concreto e quotidiano con i bambini, ha ridisegnato il valore educativo della scuola, cambiandone molti aspetti. Le sue metodologie educative furono, inizialmente, ispirate da quelle di Célestin Freinet, un’impostazione pedagogica nuova: il testo libero, le attività espressive (pittura, teatro, danza), la ricerca sul campo, la stampa a scuola, la stesura di veri e propri libri (come Cipì).
Agli inizi degli anni Cinquanta, maestro alle prime armi, Mario Lodi deve inventare un nuovo modo di fare scuola: -”Si arrivava da una scuola fascista, autoritaria, che aveva insegnato ad obbedire, a ritagliare le foto del Duce e attaccarle sul quaderno. Eravamo impreparati. Bisognava insegnare in modo nuovo, istruire e insieme educare. Formare persone e cittadini che sapessero parlare il linguaggio della democrazia”.
Mario Lodi non aveva nostalgia della scuola autoritaria di quei tempi, scese dalla cattedra per sedersi in mezzo ai bambini. Non erano bambini facili:
“Figli di contadini, abituati alla campagna, a muoversi, a correre, saltare. All’insegnante maschio poi, appioppavano la quota maggiore di pluribocciati, quelli dell’ultimo banco, rumorosi, invadenti. La scuola per loro era un sacrificio, una specie di prigione. Non sapevano scrivere ma parlare si, bisognava ascoltare i loro racconti, le loro esperienze. All’inizio i bambini facevano confusione, parlavano tutti insieme, nasce la necessità di darsi delle regole che evitassero il caos (nasceva il metodo dell’alzata di mano)…iniziava la scuola di democrazia. La discussione ordinata fu il primo successo. Poi venne la cooperazione… i bambini dovevano, insieme, rendere la loro aula più accogliente: la si abbellisce con il contributo di tutti, così la si rispetta. E’ l’antidoto contro il vandalismo”.
Nella scuola di Mario Lodi il bambino sta al centro: -”Quando si insegna si tende a farlo dall’alto. Invece credo che si impari meglio se un maestro parte dal basso, dal punto di vista del bambino, creando continuità con il suo apprendere prima della scuola. I bambini arrivano in classe con un sapere: esplorando il mondo hanno imparato a osservare, a parlare, sviluppando molte conoscenze. Da lì bisogna partire, non ignorando le cose che già sanno e replicando il metodo con cui le hanno apprese”.
“La scuola non deve solo insegnare a leggere e scrivere, ma deve crescere cittadini responsabili”.
In oltre 70 anni ha osservato i bambini e ripeteva che: -”Il mondo è diverso dal dopoguerra, ma le esigenze dei bambini sono le stesse di allora. Semmai c’è un problema in più da fronteggiare, la TV e il computer, che scollano sempre più i bambini dalla vita reale per proiettarli in una dimensione virtuale, insinuando in loro la convinzione che l’avere conti più dell’essere e del sapere”.
Sui voti ai bambini diceva: -”Non credo ai voti alle elementari: un bambino di quell’età non può essere sintetizzato a numeri. So per esperienza che far leva sui progressi, sulla soddisfazione nell’apprendimento, paga più della sottolineatura degli errori”.
Nel 1978 va in pensione ed inizia altre attività nel campo educativo: dirige la Scuola della Creatività, in cui i bambini dai 3 ai 14 anni sperimentano le più diverse tecniche creative; crea la Casa delle Arti e del Gioco, il Giornale dei bambini, il Centro di Studi e Ricerche sulla cultura del bambino. Pubblica molti libri e racconti; affronta il problema dell’influenza negativa della televisione sui giovani con il romanzo “La TV a capotavola” e la campagna “Una firma per cambiare la TV” e il libro “Cara TV con te non ci sto più”.
Si occupa di educazione ambientale con i libri “Alberi del mio paese” e “Rifiuti. La lezione della natura” con lo scopo di promuovere una cultura del comportamento responsabile, conducendo in prima persona laboratori di educazione ambientale per bambini ed insegnanti.