Pinocchio: il teatro dei burattini

Uno degli episodi più appassionanti della favola: l'incontro con Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe...

pinocchio_1E così Pinocchio, col suo nuovo abbecedario sotto il braccio, si diresse verso la scuola; strada facendo, fantasticava:

- Oggi a scuola imparerò a leggere, domani a scrivere e e dopodomani a fare i calcoli; poi guadagnerò molti quattrini e comprerò una nuova casacca al babbo.

Intanto, in lontananza, si sentiva una musica di pifferi e una grancassa. Pinocchio sospirò:

- Peccato che debba andare a scuola… però forse potrei… Ma sì, oggi andrò a sentire i pifferi e domani andrò a scuola!

Detto fatto, infilò una strada traversa e via a gambe levate. Il suono, intanto, si avvicinava sempre più. Quand’ecco che si trovò in una piazza piena di gente: nel bel mezzo spiccava un baraccone con un teatro di burattini.

- E’ incominciata da molto la commedia? – chiese Pinocchio a un ragazzetto del paese.

- Comincia ora.

- E quanto si paga per entrare?

- Quattro soldi.

pinocchio_2- Per quattro soldi ti vendo la mia giacchetta – disse Pinocchio.

- Che vuoi che ci faccia con una giacchetta di carta fiorita?

- Vuoi comprare le mie scarpe?

- Sono buone per accendere il fuoco!

- Quanto mi dai per il berretto?

- Bell’acquisto davvero! Un berretto di mollica di pane, così i topi me lo vengono a mangiare in testa!

Pinocchio non ne poteva più. Era lì lì  per fare un’ultima, disperata offerta, ma non ne aveva il coraggio; esitava… sapeva che stava per farla grossa:

- Vuoi darmi quattro soldi per questo abbecedario nuovo?

- Lo prendo io! – gridò un rivenditore di panni usati, che si trovava nei pressi.

E così il libro, che era costato un gran sacrificio al povero Geppetto, fu venduto lì su due piedi.

Intanto, nel teatrino dei burattini, la commedia era già incominciata: Arlecchino e Pulcinella, al solito, bisticciavano dandosele di santa ragione. A un tratto Arlecchino gridò:

- Numi del firmamento, ma quello laggiù è Pinocchio!

- E’ Pinocchio davvero! Pinocchio! Pinocchio! Pinocchio!

pinocchio_ 3Pinocchio ricevette così una calda accoglienza dai suoi fratelli di legno, ma sul più bello dei festeggiamenti uscì fuori il burattinaio. Era un omone con una lunga barba nera come l’inchiostro, tanto lunga che ogni tanto c’inciampava; aveva una bocca larga come un forno, due occhi simili a due lanterne rosse e teneva in mano una frusta fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate.

- Perché sei venuto a mettere lo scompiglio nel mio teatro? – tuonò il burattinaio.

- Ma, io… io… non volevo, illustrissimo, io…

- Basta così: dopo faremo i conti!

Finita la recita, infatti, chiamò Arlecchino e Pulcinella:

- Portatemi quel burattino: voglio farne una bella fiammata per il mio arrosto!

- Aiuto, aiuto! Non voglio morire!

Il burattinaio Mangiafuoco (questo era il suo nome) pareva un uomo spaventoso, ma sotto sotto, non era poi tanto cattivo. Vedendo Pinocchio urlare e dibattersi, si commosse ed emise un sonorissimo starnuto “Etcì!”

- Buone nuove, fratello – disse Arlecchino a Pinocchio – se ha starnutito, è segno che s’è mosso a compassione per te!

- Etcì!..be’, pazienza – disse Mangiafuoco -  ormai mi sono impietosito, purtroppo però non ho più legna per arrostire il mio montone. Invece di te, metterò a bruciare qualche burattino della mia compagnia… Olà gendarmi!

A questo comando, comparvero due gendarmi di legno, lunghi lunghi, secchi secchi, con la sciabola in mano.

- Prendetemi Arlecchino e gettatelo nel fuoco!

Figuratevi il povero Arlecchino! Per lo spavento gli si piegarono le gambe e cadde lungo disteso. A quella vista, Pinocchio si buttò ai piedi del burattinaio e piangendo a dirotto bagnò di lacrime la sua lunghissima barba.

pinocchio_4- Pietà, signor Mangiafuoco!…

- Qui non ci sono signori!

- Pietà, signor cavaliere!

- Qui non ci sono cavalieri!

- Pietà, eccellenza!

A sentirsi chiamare eccellenza, Mangiafuoco si rabbonì e borbottò:

- Ebbene, cosa vuoi da me?

- Vi domando grazia per il povero Arlecchino!

- Qui non c’è grazia che tenga. Se ho risparmiato te, tocca per forza a lui: il mio montone deve essere ben arrostito.

- In questo caso, gettate me tra le fiamme. Non è giusto che il mio povero amico debba morire per me!

Queste parole fecero piangere tutti i burattini; perfino i gendarmi, sebbene fossero di legno, piangevano come due agnellini.

Mangiafuoco, lì per lì rimase impassibile, ma poi incominciò a commuoversi e giù starnuti; quattro, cinque volte starnutì, e infine aprì affettuosamente le braccia e disse a Pinocchio:

- Sei un gran bravo ragazzo! Vieni qua da me e dammi un bacio!

Pinocchio si arrampicò come uno scoiattolo su per la barba del burattinaio e gli stampò un bacione sulla punta del naso.

- Allora la grazia è accordata? – chiese Arlecchino con un fil di voce.

- La grazia è accordata – sospirò Mangiafuoco – per questa sera mi toccherà mangiare il montone mezzo crudo!

Alla notizia della grazia ottenuta, i burattini corsero tutti sul palcoscenico e saltarono e ballarono fino all’alba. Il giorno dopo Mangiafuoco chiese a Pinocchio:

- Che mestiere fa il tuo babbo?

- Il povero

- E guadagna molto?

- Tanto da non aver mai un soldo in tasca.

- Ecco qui cinque monete d’oro: portagliele e salutalo da parte mia.

pinocchio_5Pinocchio ringraziò mille volte il burattinaio e si avviò verso casa. Non aveva fatto ancora mezzo chilometro che incontrò una volpe zoppa a un piede e un gatto cieco da tutti e due gli occhi.

- Buongiorno, Pinocchio – gli disse la Volpe salutandolo garbatamente.

- Com’è che sai il mio nome?

- Conosco il tuo babbo: l’ho visto ieri sulla porta di casa che tremava dal freddo!

- Oh, povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà più!…

- Perché? – chiese la Volpe.

- Perché? – ripeté il Gatto.

- Perché sono diventato un gran signore! – E mostrò loro le cinque monete d’oro.

Al suono delle monete, la Volpe allungò la zampa che pareva rattrappita, e il Gatto spalancò per un attimo i suoi occhi verdi.

- Voglio comprare al mio babbo una casacca nuova e un abbecedario per me, perché voglio andare a scuola e studiare.

pinocchio_6- Guarda me! – disse la Volpe – A furia di studiare ho perduto una zampa!

-pinocchio_7 Guarda me! – disse il Gatto – A furia di studiare ho perso la vista!

- Pinocchio – disse un merlo bianco da una siepe – non dar retta ai consigli dei cattivi compagni. Se no te ne pentirai!

Non l’avesse mai detto! Il Gatto spiccò un balzo e rapido come un lampo se lo pappò in un boccone, con le penne e tutto. Poi, ripulitosi la bocca, ricominciò a fare il cieco come prima.

Pinocchio rimase sbalordito, ma non ebbe nemmeno il tempo di pensare al povero merlo, che la Volpe gli chiese:

- Vuoi raddoppiare le tue monete d’oro? Farle diventare cento, mille, milioni?

- …mille, milioni? – ripeté il Gatto.

- Magari! – disse Pinocchio.

- Allora vieni con noi nel Paese dei barbagianni: diventerai ricco!

- No, è meglio di no. Ne ho passate di tutti i colori, a fare il cattivo. Voglio tornare a casa.

- Allora vai, e tanto peggio per te! Che peccato rinunciare a duemila zecchini!

pinocchio_8- Duemila? Com’è possibile? – Pinocchio era a bocca aperta.

- E’ semplice, basta sotterrare le monete d’oro nel “Campo dei Miracoli” e innaffiarli con acqua e sale: il mattino dopo diventeranno 500, poi 5000 e così via!

- Che bellezza! – gridò Pinocchio, dimenticando tutti i buoni propositi – Allora, vengo con voi!

Redazione

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avatar Articolo scritto da Redazione il 28/05/2016
Categoria/e: Favole.



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